Io, la guerra di Piero e i miei figli
Stamattina Facebook mi ricorda che 18 anni fa se ne andava Fabrizio De André. Faber è stato uno dei miei pochi miti musicali. Stonata come una campana al liceo ascoltavo Vasco. Ligabue, i Modena City Remblers e due personaggi che già allora apparivano retrò, se non altro perchè sembravano appartenere ad una generazione precedente Francesco Guccini e Fabrizio De André. Quella per Guccini era una passione solitaria mentre quella per De André era condivisa da tanti coetanei a cui era stata trasmessa dai genitori. Difficile dire quale sia per me la sua canzone più bella, tutte mi dicono qualcosa e in questo momento inondano la cucina da cui scrivo. Se non posso dire quale sia la più bella, so sicuramente quale stata la prima ad avermi conquistato: La Guerra di Piero.
Non avevo ancora dieci anni e me la fece conoscere mia cugina. Ci vedevamo poco ed ogni giorno passato insieme era una festa. Quella volta abbiamo trascorso insieme alcuni giorni a casa di una zia e lei non la smetteva di cantare la Guerra di Piero. Se non ricordo male l’aveva imparata per una recita scolastica o qualcosa di simile. Quasi schifata del fatto che io non la conoscessi a memoria me la insegnò, nonostante la mia innata incapacità di azzeccare una qualsiasi nota musicale.
Se è così che l’ho imparata, questa canzone datata 1964, mi ha accompagnato per molto tempo. Erano gli anni delle guerre nei Balcani e la citai in un tema sulla musica come inno contro la guerra. Non sapevo ancora che ad ispirare la figura di Piero fu uno zio di De André che aveva partecipato alla campagna di Albania, ma guadagnai i complimenti di una prof. di lettere non certo prodiga di apprezzamenti.
Se non ricordo male la canzone è stata poi inserita in alcune antologie scolastiche e girovagando sul web se ne trovano analisi a misura di studenti delle medie e delle superiori. Anche se Faber ironizzava su quesa presenza nei libri dicendo che contribuiva a farla odiare ai bambini, a me piacerebbe se i selvaggi la incontrassero, prima o poi a scuola. Resta una poesia fantastica, e non per la sua costruzione in endecasillabi, ma per il suo messaggio prorompente: una ferma presa di posizione contro la guerra lontana però da un pacifismo stereotipato. A ben pensarci mi è sempre piaciuta perchè è una storia di un uomo, di un singolo che può essere simbolo di milioni di uomini finiti loro malgrado in guerre di cui non conoscevano neppure il perchè! E a pensarci bene Faber ha dipinto uomini di ogni genere, singoli che non erano stereotipi ma frammenti di umanità.Badate bene ho scritto a scuola e non sui libri di scuola perchè la scuola non è fatta di sola letteratura ma anche di musica e forse l’ascolto non ha ancora guadagnato uno spazio accanto alla lettura. Di queste cose avrò modo spero di scrivere ancora…intanto mi concedo un abbondante ripasso dei capolavori del cantautore genovese!
Grazie #Faber
Foto in anteprima https://www.flickr.com/photos/voluptas_vitae/3252551913