Mamme e wh: grazie, ma non troppi
No, questo non è un post contro i gruppi whatsApp delle mamme. No, quel troppi del titolo non è un errore di ortografia e neppure un refuso.
A me i gruppi wh delle mamme piacciono! Sono iscritta a quello di due classi perché in classe della più grande il gruppo non c’è o se c’è non sono stata invitata. Non bastandomi i due gruppi faccio parte anche di quello della fermata dello scuolabus: guai non ci fosse, ormai abbiamo elaborato strategie per ritardare la partenza del pulmino degne di una sit-com.
Trovo i gruppi wh così comodi che ne creo uno ogni volta che c’è da organizzare una qualsiasi attività coi bambini o un regalo di compleanno. Insomma faccio parte di quella schiera che considera i gruppi wh utili.
Non credo di rovinare l’autonomia delle mie figlie se ogni tanto chiedo i compiti che hanno scordato di scrivere sul diario, dopo opportuna “sgridata” si intende. Addirittura ogni tanto li trovo divertenti: quando cerchiamo di capire le consegne dei compiti che i bambini sanno fare benissimo da soli oppure quando cerchiamo di organizzare un’uscita tra mamme, con buona pace di chi ci accusa di sembrare un gruppo di diciottenni e non di quarantenni e giù di lì. Nella vita, ogni tanto, bisogna pure divertirsi con poco!
Non schifo le faccine e ben venga se ogni tanto il gruppo dismette le sue funzioni puramente istituzionali. Quello che non tollero sono i 25 grazie ad una qualsiasi comunicazione di servizio. Del tipo: “ricordatevi che domani i bambini vanno al museo e dobbiamo andarli a prendere lì”, seguito da una sfilza di “grazie” in tutte le varianti possibili. Ecco, io quelli proprio non li reggo: prima mi chiedo che bisogno ci sia di 25 grazie poi mi interrogo sulla mia educazione e socialità. Ogni tanto la paura di apparire ingrata e maleducata mi spinge a digitare il mio grazie sulla tastiera e premere invio. Però continuo a non capire. Sarà per questo che ho innalzato a mito la mamma che una volta ha scritto un messaggio a dir poco geniale: “grazie, da parte di tutti”.
Quasi dimenticavo: ogni tanto anche il “messaggia a ” ha un suo perché. Ma questa è un’altra storia.
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