La resistenza spiegata a mia figlia. L’utilità di un “libro difficile”
Ultimamente i libri stazionano parecchio tempo sul comodino. La resistenza spiegata a mia figlia di Alberto Cavaglion è stato in attesa per qualche mese ma quando l’ho preso in mano l’ho letteralmente divorato, lasciandomi coinvolgere dalle sue pagine anche in luoghi poco consoni ad un testo di questo tipo come gli spogliatoi della piscina. Uscito per la prima volta nel 2005 e al centro di uno stuolo di polemiche, il libro dello studioso dell’ebraismo ha avuto una nuova edizione nel 2015 ed è in quest’ultima versione che mi è stato regalato da un caro amico.
Il libro si apre con la “lettera per un compleanno” indirizzata dall’autore alla figlia Elisa nata il 24 aprile 1989. Io non appartengo alla generazione di Elisa e neppure a quella dello storico, venuto al mondo nel 1956, eppure ho apprezzato quella che lui stesso definisce “una missione impossibile“: parlare di resistenza ad una generazione e farlo, in un periodo di revisionismi e negazionismi, andando oltre le “impalcature retoriche”.
Cavaglion avverte subito Elisa e con lei tutti i lettori: quello che stanno per leggere non è un libro facile. Un fatto questo innegabile, visto che nelle 116 pagine che precedono la corposa nota bibliogafica si parla di guerra per bande, di guerra giusta, di guerra fratricida.
Fin dalle prime pagine l’autore avverte il lettore della necessità di superare l’idea secondo cui fino all’autunno del 1943 sia esistita un’Italia fascista in contrapposizione ad un Italia buona. Con la stessa forza pone un’altra premessa : l’impossibilità di equiparare le due parti e la necessità di collocare dalla parte giusta coloro che hanno combattuto per la civiltà. Nel testo giudizio storico e morale vengono tenuti ben distinti e Cavaglion spiega come il giudizio sugli uomini sia più complicato di quello inerente le idee vista l’impossibilità di catalogare automaticamente gli uomini come buoni o cattivi a seconda dell’idea sposata. Un avvertimento questo che si traduce in un invito ad essere spietati verso chi, pur militando dalla parte giusta si sia macchiato di nefandezze” e generosi con chi “pur militando dalla parte sbagliata, si sia comportato bene, evitando inutili carneficine”.
Il libro ripercorre episodi cruciali della nostra storia dal’otto settembre al 25 aprile attraverso molte delle pagine scritte dai protagonisti di quella difficile e tumultuosa stagione. Nel libro, come spiega lo stesso autore, viene riservata grande attenzione ai libri, diari e romanzi che hanno permesso di riflettere sugli eventi che in essi erano narrati. I libri appaiono protagonisti anche quando sono apparentemente relegati ad un piano secondario, come nelle pagine dedicate ai professori di liceo o in quelle in cui si parla della Resistenza come “interruzione della normalità”.
Tanti sono i libri citati da Cavaglion e tanti quelli che ho annotato nel mio quadernino dei non ancora letti. Mi limito a citarne tre che probabilmente avrei dovuto leggere da tempo: Il sentiero dei nidi di ragno di Italo Calvino, Il partigiano Johnny di Beppe Fenoglio e I sommersi e i salvati di Primo Levi.
Per me questo libro è stato un ottimo ripasso. Un ripasso che, nello strano tempo in cui viviamo, può essere utile a tutti coloro che, come me, si ostinano a intraprendere discussioni digitali con chi, pur non avendo “dux” tatuato sul braccio, non disdegna di ricordare che “i treni arrivavano puntali” e finge di dimenticare le leggi razziali.
Il libro resterà nella libreria di casa e spero che le gnome e il selvaggio, prima o poi, quando saranno più grandi, lo leggano. Intanto, per me sarà un po’ meno difficile rispondere alle loro domande ogni 25 aprile quando, sotto casa nostra, le strade vengono parate a festa ed è ancora possibile ascoltare le testimonianze di chi ha combattuto dalla parte giusta.
Alberto Cavaglion
La resistenza spiegata a mia figlia
Feltrinelli, 2015
Pagine 144, Euro 8