La febbre del selvaggio
Il selvaggio ha la febbre e mentre scrivo se ne sta mogio mogio sul divano a guardare il suo film preferito. Guance arrossate, manine fredde e un per lui insolito riposino pomeridiano hanno annunciato l’ingresso del malanno di stagione in casa nostra. Anche in chi come me è una sostenitrice del “siano sempre questi i mali”, la febbre scatena il tanto decantato “cuore di mamma”. Anche se è il terzo bambino di casa a patire e non per la prima volta un malanno di stagione destinato a risolversi in pochi giorni, non credo si possa rimanere indifferenti a quel “star male” che richiede coccole e attenzioni. I giorni della febbre sono giorni di un tempo che scorre più lentamente e che chiede di essere riempito di coccole e carezze. I giorni della febbre reclamano a gran voce un surplus di letture, di storie e favole lette e raccontate stando rannicchiati sotto una coperta, sul divano o sul lettone. A casa nostra i giorni della febbre sono sempre stati quelli di un ritorno nel lettone anche se non saprei dire se questi siano un rimedio al bisogno di vicinanza dei piccoli con le gote arrossate o al mio.
La febbre porta con sé pisolini fuori orario e senza orario. Il sonno ristora i bambini e offre una finestra di tempo ai genitori. Il sonno però solleva pensieri che sarebbe meglio bypassare. E così mentre dormiva ieri pomeriggio ho trovato mille scuse per avvicinarmi al suo letto e posargli una mano sulla fronte, un gesto antico che non potrà mai essere del tutto sostituito da nessun termometro. Quel vai e vieni dalla stanza mi ha fatto tornare indietro negli anni a quel accostarsi alla culla per mettere un dito sotto il naso dettato da una paura a cui non si ha neppure il coraggio di dare un nome.
La febbre scatena anche un ragionare per contrari. La febbre porta spossatezza e mette un freno alla vivacità. Ed è allora che, ogni volta, mi rendo conto di essere stata baciata da un’immensa fortuna: quella di avere un figlio casinista. Anche le volte che lo imploro di “star fermo 5 minuti” adoro quel suo essere scoppiettante, curioso, quel suo avere “l’argento vivo addosso” per usare un’espressione un po’ retrò. Il fatto è che in fondo in fondo io penso che tutti i bambini debbano avere il diritto di essere “casinisti”almeno un po’ ma a molti questo è negato da costrutti culturali oppure, peggio ancora, da una natura che non sa essere ugualmente generosa con tutti. “Sian sempre questi i mali”, l’avevo detto che sono una sostenitrice indefessa di questo detto sospeso tra l’esorcizzare le paure e il dare giusto peso.