Pestalozzi: appunti su vita, opere e tormenti di un padre della scuola elementare
Il 17 febbraio 1827 moriva Johan Heinrich Pestalozzi, celebrato nei libri di storia della pedagogia come “apostolo dell’educazione popolare“. Io di questo signore svizzero non ne sapevo nulla fino a qualche settimana fa, quando “sapendo di non sapere” ho costretto un’amica a prestarmi i suoi libri di Storia dell’Educazione. Devo ammettere che il personaggio merita di essere conosciuto ed è con lui che inauguro questa nuova sezione del blog.
Il nostro nacque a Zurigo il 12 gennaio del 1746. Il padre morì quando lui aveva solo 6 anni così il piccolo Heinrich e suoi due fratelli vennero cresciuti dalla madre e da una fedele domestica, un evento questo da evidenziare in un colore vivace sul libro perché potrà tornarci utile in seguito per capire la sua idea della figura materna. Intenzionato a diventare pastore, Henrich frequentò le scuole a Zurigo ma seguì la via della politica e sposò Anna Schulthess. c Intanto la Società Patriottica a cui aveva aderito venne sciolta, Pestalozzi venne arrestato e decise, almeno per un po’, di abbandonare la politica e dedicarsi al tentativo di migliorare le condizioni di vita dei suoi concittadini attraverso una riforma dell’agricoltura. Nel 1768 edificò una fattoria sui propri terreni e diede inizio a quello che è noto come esperimento di “Neuhof”. L’esperimento fallì e Pestalozzi trasformò la fattoria in una colonia agricola in cui istruire e addestrare al lavoro orfani e trovatelli. Istruzione e avviamento al lavoro saranno così intrecciati al punto che alcune attività didattiche venivano svolte mentre i bambini e le bambineerano impegnati nella filatura. Quest’immagine può apparirci oggi poco rispettosa dei diritti dell’infanzia ma dobbiamo tener presente che Pestalozzi non mancò di accusare alcuni suoi contemporanei, i “pedagogisti dell’industria”, di incatenare i figli dei poveri all’attività industriale. L’idea che leggere-scrivere-far di conto dovessero e potessero essere patrimonio comune all’epoca non era diffusa e, a quanto sembra, neppure ben vista. Anche questo secondo esperimento ebbe vita breve e si esaurì nel 1779.
Oggetto di critiche e pettegolezzi, Pestalozzi trascorse a Neuhof ancora quasi quattro lustri dedicati alla scrittura e alla riflessione. Sono gli anni in cui vengono dati alle stampe gli aforismi Veglie di un solitario, il primo libro del suo romanzo pedagogico Leonardo e Geltrude e le Mie indagini sopra il corso della natura umana nello svolgimento del genere umano. A questa produzione si deve aggiungere anche un pamphlet sulla delicata questione dell’infanticidio che suona come un atto di accusa verso la poca umanità dell’epoca in cui viveva. Sensibile ai richiami della politica, prese parte alle vicende della Rivoluzione Francese e venne ricompensato con la cittadinanza onoraria. Partecipò poi alle sorti della costituzione della Repubblica Elvetica che gli affidò il compito di dirigere il neonato orfanotrofio di Stans. Qui Pestalozzi, privo di collaboratori all’infuori di un’anziana donna, si trovò costretto ad aguzzare l’ingegno. Spinto dalla necessità e da quella che viene descritta come “situazione d’emergenza”fece ricorso al mutuo insegnamento che gli consentì di affidare agli alunni più dotati il compito di istruire quelli più piccoli o in difficoltà. Tale pratica conoscerà alterne fortune teoriche ma si sopravviverà, pur mutando forma, nelle attività di grandi educatori come testimonia anche l’esperienza di Barbiana.
Terminata quest’esperienza Pestalozzi aprì una scuola nel castello di Burgdorf, frequentata da ragazzi tra i 5 e i 13 anni provenienti da famiglie benestanti e in più di un caso attirati dal nome del fondatore. Quest’esperienza sarà quella in cui elaborerà il metodo elementare e durerà fino al 1803. A quel punto Pestalozzi aveva già una fama internazionale e diede vita al suo esperimento più noto: l’istituto di Yverdon, al centro di grandi elogi e altrettanto pesanti critiche. Si trattava di una scuola convitto frequentata da alunni e alunne benestanti. Fondato nel 1805, l’Istituto sopravviverà fino al 1824 ma conoscendo crisi interne, abbandoni e polemiche fin dal 1814. Afflitto dalle polemiche, in preda al pessimismo e ad un clima politico sfavorevole, Pestalozzi tornò a Neuhof dove scriss il Canto del cigno. Alla sua morte le polemiche non si erano spente ed egli era considerato dai contemporanei una delle figure più note del mondo pedagogico.
Gli storici hanno identificato in lui il padre della scuola elementare e un precursore dell’educazione popolare animato da un’idea di educazione, a cui restò sempre fedele, che deve essere al contempo via di emancipazione dei poveri, perfezionamento morale dell’individuo e fondamento della giustizia. A leggere oggi la storia di quest’uomo, colpisce la sua visione dell’educazione come risultato dell’azione sinergica di una pluralità di agenzie educative. Tra queste l’educatore di Zurigo pare assegnare un ruolo fondamentale alla famiglia e alla figura materna. La madre è per Pestalozzi il modello pedagogico a cui devono ispirarsi gli interventi educativi. Con un salto in avanti rispetto ai suoi predecessori che si limitavano a riconoscerle un compito di allevamento, Pestalozzi teorizza l’esistenza di una sua spontaneità educativa. Non so voi ma io nello sbirciare la sua vita tra i libri sono rimasta affascinata da questa figura e dallo spirito, missionario è stato definito, che sembra l’abbia animato.