Coco, l’oblio che uccide e il ricordo che salva
Finalmente, grazie ad una rassegna estiva di seconde visioni, siamo riusciti a vedere Coco, il film d’animazione della Disney Pixar uscito lo scorso 28 dicembre. Siamo stati al cinema con nonna e pro-zia al seguito e, chiaramente, Coco è piaciuto molto più a noi che alle gnome e al selvaggio. Come molti film d’animazione che lo hanno preceduto è un esempio lampante dell’esistenza dei famosi livelli di lettura multipli e in più unisce due temi giganteschi: la vita e la morte.
La vita è quella di Miguel, simpatico e determinato dodicenne brasiliano, pronto a tutto pur di seguire il suo sogno: la musica. La sua famiglia, capeggiata da una nonna amorevole quanto dispotica, fa di tutto per ostacolarlo. A detta degli adulti, la musica è stata la causa di grandi sofferenze: era, infatti, un musicista l’uomo che ha abbandonato la matriarca Imelda con una figlia piccola per inseguire il successo. Miguel, testardo e determinato preadolescente, nel tentativo di realizzare la sua passione viene catapultato nell’Aldilà. E in questo regno dei morti, parallelo e speculare a quello dei vivi, tra gag ed equivoci, si ritroverà, ostacolato e protetto da una schiera di antenati, ad avere anche una seconda missione: salvare dall’oblio eterno uno strano personaggio che gli diviene subito amico. Questa avventura con tanto di sorpresa finale ( che non svelo, caso mai ci fosse qualcuno più ritardatario di me in merito alle novità del grande schermo) permetterà al suo sogno di essere condiviso con i suoi cari e ai suoi familiari di far pace con un passato che conoscevano solo in parte. La memoria – si legge più volte tra i colori sgargianti del film – può essere conservata ma anche manipolata.
Davanti allo scorrere delle scene ho storto il naso davanti al futuro che la famiglia aveva tracciato per Miguel, un destino ineludibile che lui si guarda bene dal seguire nonostante gli imperativi, a tratti crudeli, della nonna e della trisnonna. Quella di Miguel è una famiglia ingombrante che per proteggersi e proteggere non ascolta e non sostiene. E questo Miguel lo sputa in faccia ai genitori e agli avi, vivi e morti, con toni più efficaci di molti testi divulgativi di psicologia destinati ai genitori.
Ma è il tema del ricordo quello che più mi ha colpita. “Nessuno svanisce fintanto che qualcuno ne conserva il ricordo“, questo il messaggio che i personaggi sullo schermo ci rammentano ad ogni scena o quasi. E sarà proprio il ricordo, serbato gelosamente e ostinatamente, dall’anziana e al contempo di nuovo bambina bisnonna Coco a condurre all’immancabile lieto fine.
Il ricordo, ed è chiaro fin dall’inizio, è un tema legato indissolubilmente a quello della morte. Avventure e disavventure, tanto nell’Aldiquà che nell’Aldilà, avvengono nel Dia ded Muertos, giorno in cui secondo una leggenda messicana, ma di cui esistono tante versioni sparse per il mondo, i defunti tornano sulla terra per incontrare i parenti viventi, a patto che in casa sia conservata la loro memoria. Le fotografie esposte sull’ofrenda e circondate da fiori e oggetti amati in vita, sono il simbolo del ricordo tramandato di generazione in generazione. Ma sono tanti i modi per far sopravvivere un morto, comprese le note di una canzone custodita per decenni nel cuore. Insomma, non si muore davvero fintanto che si vive nei ricordi di chi resta sulla terra. Ricordi che possono essere non solo conservati ma tramandati. Un messaggio semplice ma carico di tenerezza . E in Coco prende forma con una dolcissima leggerezza.
In fin dei conti chi di noi non spera di essere ricordato con una lacrima o in una risata evocata da un aneddoto? Magari simile a quelli con cui ricordiamo, chi sopravvive nel nostro cuore.