<

Smartphone a scuola: non diro più “non serve a niente”.

Smartphone a scuola: non diro più “non serve a niente”.

“Lo smartphone a scuola non serve! Se stai male e devo venirti a prendere, c’è il telefono fisso”. Non ho mai pronunciato questa frase anche se qualche volta ho pensato qualcosa di simile. In realtà, si tratta di un pensiero o convinzione che accomuna molti di noi, “usciti da scuola” prima della diffusione dei telefoni cellulari. Se, però, penso all’uso che faccio del mio smartphone, beh, telefonare non sta in cima alla lista. Lo uso per cercare informazioni, chattare, guardare video, segnare appuntamenti. Insomma lo smartphone è un oggetto polifunzionale, usato da ciascuno di noi per scopi diversi e in modi diversi. Pensare che mia figlia non lo debba portare a scuola solo perchè, in caso di necessità, avrebbe altri modi per comunicare con me, probabilmente è riduttivo.

La prima (e finora unica) volta che, in seconda media, ha portato il telefono a scuola su richiesta della prof di inglese, l’ho lasciata fare. Poi ho scoperto che in classe hanno usato kahoot per “testare” quanto appreso in una delle Unit del libro.

Smartphone e didattica, un dibattito in corso

Mossa dalla curiosità ho digitato su google le parole “didattica e “smartphone”. La maggior parte degli articoli indicizzati da google, sono stati scritti nei giorni immediatamente successivi alla creazione, da parte dell’allora ex ministra Fedeli, di una commissione per valutare l’uso degli smartphone a scuola. In quei giorni, era il gennaio dello scorso anno, è andato in scena un classico dibattito tra “apocalittici” e “integrati”. Ad onor del vero, però, esperti e insegnanti, sembrano collocarsi lungo tutto il continuum che va dall”‘inutile” all”‘indispensabile”.

Lo smartphone: un laboratorio in tasca

Tra i primi testi in cui mi sono imbattuta, c’è un lungo articolo di Alfonso D’Ambrosio su agendadigitale.eu. Insegnante di fisica in una scuola superiore, D’Ambrosio racconta di come ha iniziato a utilizzare lo smartphone in classe e di come questo sia diventato per lui e i suoi allievi un “laboratorio in tasca“. Al termine del racconto, in cui parla anche di lim mancanti, scrive : ” Occorre ripensare a nuove forme di utilizzo di questo dispositivo, ma soprattutto ad una sensibilità e consapevolezza didattica. Occorre sempre educare al suo utilizzo e progettare attività didattiche che lo includono in maniera significativa”.

Questo docente ci invita a riflettere sulle potenzialità di un oggetto che è molto più che un aggeggio per telefonare e può essere efficacemente utilizzato a scopi didattici.

Smartphone in classe, pro e contro

Non tutti però concordano sui benefici di questo utilizzo. Maura Manca, in un post del suo popolare blog adolescienza, passa in rassegna i pro e i contro dello smartphone in classe. Partendo dal presupposto che moltissimi studenti usano il cellulare in classe per scopi privati, riflette su diverse dimensioni dell’esperienza scolastica. Invita ad esempio ad un uso che non conduca esclusivamente a ” modalità di apprendimento individualista”. Riflette sulla necessità di sviluppare nei ragazzi una visione critica e usi alternativi ai soli social network. Auspica che non “vadano perse le abilità legate ad un apprendimento non tecnologico e le relative competenze emotive, relazionali e cognitive.”

…anche lo smartphone, non “solo smartphone”

In rete è possibile trovare le esperienze di tanti insegnanti che utilizzano gli smartphone come strumenti utili alla didattica. Emanuela Pulvirenti, docente di Storia dell Arte e autrice di libri di testo, mette nero su bianco 10 usi dello smartphone sperimentati con i suoi studenti: spazia dalla ricerca di opere di autori diverse da quelle presenti sul libro di testo alla documentazione di come è stato svolto un compito e giunge all’ascolto della musica in cuffia mentre si disegna in classe. ” Io sono per una didattica e-e, non o-o. Gli strumenti nuovi, con tutte le loro potenzialità, devono aggiungersi a quelli esistenti, non sostituirli.” scrive quasi in conclusione della sua riflessione.

Naturalmente c’è anche chi è decisamente più scettico. Ad esempio, Isabella Milani. In un intervento su Il Libraio, l’insegnante e scrittrice si sofferma anche sulla necessità di un tempo “non connesso”e sulle “differenze economiche” che gli smartphone fanno indubbiamente emergere.

Smartphone a scuola, non solo didattica

Un altro, lunghissimo capitolo, riguarda l’educazione ad un uso consapevole delle tecnologie di comunicazione digitale. C’è chi sostiene che la scuola non possa astenersi da questo compito e chi pensa che debba essere una responsabilità esclusiva delle famiglie.

Devo ammettere di aver letto un numero modesto di articoli. Tuttavia questi sono stati sufficienti a pormi nuove domande. Sicuramente, ci penserò due volte prima di affermare con assoluta certezza che “il telefono a scuola non serve a nulla”. E magari, continuerò a cercare informazioni su questi argomenti, magari spulciando libri e riviste specializzate in biblioteca.

Rispondi