Raviole e smart working
Ieri, 19 marzo, era San Giuseppe e, non potendo per svariate ragioni, strafogarci di Zeppole alla crema, abbiamo provato a preparare delle più semplici e sobrie raviole.
Si tratta di biscotti ripieni, tipici di Bologna e dintorni. Venivano preparati in occasione di San Giuseppe, giornata dedicata anche alla festa del papà.
Visto che quest’anno stiamo vivendo, come tutti, una situazione eccezionale, provo a raccontarvi la preparazione di questa ricetta. Il racconto, vi assicuro, è veritiero. Poter preparare dei biscotti e riderci pure un po’ su credo sia un privilegio non da poco.
Allora? Pronti?
1) Impastare 500 grammi di farina con 3 uova, 200 grammi di zucchero, 100 grammi di burro morbido e un pizzico di sale. Sperare ardentemente che nel compiere quest’operazione le uova non finiscano sul pavimento. Formare una palla liscia e lasciarla riposare per un po’.
2) Spiegare ai figli che non devono fare troppo rumore perché il papà sta lavorando in smart working e il tavolo della cucina è l’unico in cui improvvisare la sua postazione.
3) Cercare i coppapasta e sgridare i figli che stanno facendo casino.
4) Dotare i figli di matarello e spiegare al marito che un po’ di chiasso è fisiologico, consigliandogli di spostarsi nello sgabuzzino o sul balcone.
5) Spiegare ai figli come stendere e tagliare l’impasto delle raviole.
6) Silenziare i figli in modo autoritario
7) Silenziare il marito in modo autoritario
8) Sedare una lite su chi ha tagliato più dischi di pasta.
9) Ricordare di non avere più in casa la mostarda e ripiegare su una marmellata ai mirtilli. In caso si abbiano più marmellate, scegliere senza consultare i figli, onde evitare accese discussioni.
10) Mostrare ai figli come disporre la marmellata sui dischi, ripiegare e chiudere le raviole. Vietare, sotto minaccia di pesanti sanzioni, di leccarsi le dita e toccare subito dopo le raviole. Chiedersi se in assenza di mostarda le raviole possano ancora definirsi tali.
11) Urlare una parolaccia perché è caduto il vasetto della marmellata. Sgridare il figlio sbagliato e imporgli di non camminare scalzo sul mix di vetro e marmellata riverso sul pavimento.
12) Sentirsi in colpa per il disfemismo e chiedersi a quanti isolati sia stato sentito. Vergognarsi un po’ per quello che hanno potuto pensare i vicini. Invidiare la calma perpetua della mamma del palazzo accanto.
13) Rimuovere marmellata, vasetto e schegge di vetro dal pavimento. Lavare il pavimento e rendersi conto che l’intera scenetta, parolaccia compresa, è entrata nella telefonata di lavoro del marito. Rimandare la disquisizione sulla possibilità o meno di definire raviole le vostre mezze lune a data da destinarsi.
14) Sedare una seconda lite tra le fanciulle. Se in casa avete una preadolescente e siete geneticamente tendenti ad essere permalosi, quest’operazione potrebbe essere complicata, ma non disperate.
15) Accendere il forno e disporre le raviole in una teglia per biscotti.
16) Cuocere le raviole in forno per circa 15 minuti a 180 gradi.
16) Estrarre le raviole dal forno e constatare che sono cotte. Incrociare lo sguardo del maritozzo che, con occhioni da panda, implora una maggiore doratura. Disquisire sul giusto grado di cottura. Cedere alle richieste (come si fa a resistere agli occhioni da panda?) e lasciare in forno altri 5 minuti.
17) Ripulire accuratamente il piano di lavoro e l’intera cucina, fingendo di stupirsi per le distanze raggiunte dalla farina e da qualche pezzetto fuggiasco di impasto. Ignorare la recrudescenza della lite di cui sopra.
18) Lasciare raffreddare le raviole e ignorare scientemente i figli che cercano di mangiarle senza essere visti.
19) Servire, mangiare e ritenersi molto fortunati.