<

0-6 all’aperto. Un’educatrice racconta la sua esperienza “fuori”

0-6 all’aperto. Un’educatrice racconta la sua esperienza “fuori”

Le scuole, ormai è chiaro, riapriranno a settembre. Intanto continuano a circolare ipotesi per il futuro. Tra queste, una delle più popolari riguarda la possibilità di sfruttare gli spazi aperti, compresi i giardini delle scuole e i parchi cittadini. C’è anche chi ricorda la tradizione delle scuole all’aperto e punta a un nuovo modo di fare scuola, ispirato proprio a quelle esperienze.

Cosa significa oggi fare scuola all’aperto? In che modo la didattica all’aperto si può applicare ai nidi e alle scuole dell’infanzia? L’ho chiesto a Tanja Girgenti. Tanja lavora a Lecco in un polo 0-6, il nido e la scuola d’infanzia Rosabosco, che da 4 anni si ispira ad una pedagogia in natura.

Negli ultimi anni si sono moltiplicate le esperienze di scuole e nidi in cui lo stare all’aperto è uno degli elementi cardine della proposta educativa e formativa.Il dialogo con Tanja non ha altre pretese se non quella di conoscere un’esperienza e il punto di vista di chi la vive su un tema che riguarda tutti: il futuro dei nidi e delle scuole d’infanzia, quel segmento 0-6, fatto di bambini e bambine, che stanno vivendo, come ciascuno di noi, un tempo sospeso.

Nelle ultime settimane diverse voci hanno invitato a considerare l’ipotesi di fare lezione in luoghi aperti. In Italia sono esistite, nel secolo scorso, diverse scuole all’aperto e, negli ultimi anni, si parla sempre più spesso di outdoor education. Sono nate nuove esperienze centrate sulla vita all’aria aperta e il contatto con la natura. Queste esperienze possono essere considerate risorse da cui attingere per il prossimo anno scolastico?

Sicuramente. La struttura in cui lavoro è un polo educativo 0/6 nel rione di Rancio, quartiere nella zona alta di Lecco. Da non molti anni, ma ormai quattro, abbiamo assunto un modello di pedagogia in natura, trascorriamo tanto tempo fuori in cortile ma anche uscendo dal cancello in camminata nel quartiere. Lo stare fuori è stimolo di molteplici esperienze sensoriali, motorie, esplorative … Quando usciamo “fuori” dall’ambiente scuola siamo sempre in due, educatrici o maestre, con gruppi di non più di 10 bambini al nido (fascia di età intorno ai 24 /36 mesi) e 20 bambini all’infanzia: quindi gruppi ridotti e con un buon rapporto adulto/bambino.

Il ricorso alla didattica all’aperto potrebbe essere qualcosa di più che non una risposta temporanea?

Sì, in questi anni abbiamo potuto verificare quante siano le positività nel vivere fuori: una testimonianza concreta della letteratura che abbiamo studiato.

A cosa pensi quando parli di “lezioni” all’aperto?

Penso a una didattica in cui protagonisti sono i bambini con la loro curiosità e con il loro sapere innato, con la loro capacità di porsi domande e darsi risposte. Bambini attivi e partecipanti in una comunità che li circonda.

Fare scuola all’aperto significa rinunciare all’aula?

No, assolutamente. Nella mia visone di didattica all’aperto intendo il fuori come estensione della scuola /aula in continuità con l’attività più tradizionale, il fuori come una possibilità di allargare gli sguardi e vivere esperienze dirette. L’aula è comunque un “luogo” di riconoscimento, d’identità. Parlo di aule pensate per centri di interesse, adattabili, flessibili, modificabili…

 In che modo è possibile integrare i due ambienti?

Portando dentro il significato delle esperienze nate fuori e viceversa, riportando fuori maggior sapere e conoscenza e quindi testare le ipotesi formulate dai bambini direttamente sul campo.

Tra le ipotesi circolate in questi giorni si è parlato anche di un ritorno a scuola in piccoli gruppi. Didattica all’aperto e piccolo gruppo possono coniugarsi?

Assolutamente! L’idea di uscire in sicurezza comporta un rapporto adulto bambini lontano da quelli attualmente previsti per la scuola d’infanzia.

 È un modo di fare scuola adatto alla scuola dell’infanzia?

Al nido e all’infanzia, in tempi e modalità differenti, può concretizzarsi in una forma giocosa, dando tanto spazio al gioco libero. Quando parlo di gioco ho in mente le parole di Peter Gray che nel suo Lasciateli giocare scrive: “Il gioco è un concetto contradditorio. Il gioco è serio, ma non serioso; futile ma profondo; fantasioso e spontaneo, ma legato a regole e ancorato al mondo reale. È puerile, ma è il fondamento dei più grandi risultati che si conseguono da adulti.”

E alle elementari?

Non insegno alle elementari ma credo sia conciliabile, soprattutto i primi anni. Nell’idea di scuola che ho, credo che sia possibile anche dopo in quanto uscire è conoscere il territorio, scoprire le sue peculiarità, analizzare le sue potenzialità. Ogni territorio ha la sua biografia, ha delle ricchezze. Senza andar lontano, spostandosi semplicemente a piedi, si possono scoprire e conoscere la sua storia, geografia, cultura. Il Fuori è una dimensione complessa, è un’opportunità ed è di suo un luogo educativo.

Si tratta di una modalità di fare scuola applicabile anche nei contesti urbani o richiede di spostarsi necessariamente fuori città? Cortili e chiostri possono essere aule all’aperto?

Per fuori intendo tutto: città, campagna, montagna, natura, piazze, portici, biblioteca, musei…Il territorio va analizzato e sfruttato nella sua complessità. Come scrive Monica guerra nel libro Fuori: “Il fuori cui ci riferiamo è ovviamente in primo luogo quello della natura ma più in generale è quello del mondo oltre la soglia delle classi e delle abitazioni che parla altre lingue e altri linguaggi .”

Oltre che una scuola all’aperto mi sembra che tu stia descrivendo una scuola aperta all’esterno, paese o città che sia…

Esattamente. Una scuola aperta all’esterno è una grande possibilità di crescita e scambio, è capacità di rendere attiva una comunità educante, è un’opportunità per sostenere lo sviluppo e alimentare il senso di appartenenza alla comunità stessa. I bambini sono il nostro futuro, i cittadini di domani, saranno migliori se avranno vissuto in contesti/spazi articolati e pensati per loro, non dico modificati ma su cui si è fatto un pensiero.

 In generale, stai dipingendo una scuola diversa da quella che moltissime famiglie hanno conosciuto fino a due mesi fa. Cosa servirebbe per realizzarla?

Un cambio di prospettiva, uno sguardo differente, un adulto che ritorni ad avere occhi curiosi e osservatori come quelli dei bambini  e delle bambine,  capace di dare valore e attenzione ai gesti dei piccoli e capaci di raccogliere nuovi stimoli e nuove proposte proprio dall’osservazione di ciò che i bambini fanno fuori. Un adulto capace di affiancare bambini e bambine e, a volte, anche allontanarsi da loro quanto basta per osservare senza disturbare, per ritrovarsi in un mondo di meraviglia: il mondo dei bambini. I bambini sono capaci di grandi autonomie e di grande empatia, si pongono domande e  ipotizzano risposte, sono dei filosofi naturali. Abbiamo bisogno di maestri e  insegnanti capaci di uno sguardo divergente, capaci di tradurre, leggere e significare la bellezza dei gesti, delle azioni, delle energie e delle diversità di ogni bambino. Siamo noi adulti a doverci alzare alle loro capacità dandogli fiducia. I bambini mi hanno insegnato a “essere” e riconnettermi con la natura, con i valori essenziali della vita e con la sua autenticità. Nei bambini ho ritrovato piccoli pionieri, ricercatori, scienziati, esploratori, osservatori e poeti di vita.

 In questi giorni ho osservato diverse discussioni su questo tema e annotato alcuni dubbi di educatrici, insegnanti e genitori. Te ne sottopongo alcuni. Il primo: come si può parlare di scuola all’aperto quando tanti genitori chiedono di non portare i bambini fuori per paura che si raffreddino?

Occorre dialogare con le famiglie essere chiari e dichiararsi per quello che si fa, oltretutto ormai è risaputo che l’uscire non implica l’ammalarsi. Occorre comunicare con le famiglie, accogliere le loro perplessità e anche  insegnare  ai genitori il giusto abbigliamento per star fuori…In questi anni che vivo tanto il fuori con bambini piccoli posso dire che spesso la media dei presenti è quasi totale, questo vuol dire che si ammalano quanto gli altri se non di meno.

E le allergie? Le punture degli insetti? I rischi di incidenti? 

Sono domande che ci poniamo anche noi quotidianamente. La mia risposta è: ” sì, è un rischio che vale la pena correre se tu pensi a tutti i benefici che lo stare fuori porta ai bambini ma anche gli adulti.”  Su questo tema rischio-pericolo si apre un capitolo infinito e per quel che riguarda gli incidenti succedono anche dentro non solo fuori. Occorre una giusta analisi del rischio per evitare il pericolo. Il rischio va riconosciuto, valutato e ponderato anche in base all’età e alla storia dei bambini, il compito dell’adulto è prevenirlo.

E se dovesse piovere o arrivare il freddo?

Se come abbiamo detto il fuori è un’estensione della scuola e della classe quando piove si può star dentro o si può stare fuori, dipende dal tipo di attività che uno ha in mente di fare, oltre che dai segnali che il gruppo bambini ci trasmette in quel giorno. La flessibilità è la parola d’ordine del nostro agire con i bambini, in questi ultimi anni nulla è programmato, tutto è basato sull’osservazione, sull’analisi del gruppo che si modifica nel corso dell’anno, sul loro agire, sul loro fare e sul loro stare. La nostra sfida è quella di riconoscere, interpretare e restituire, tempi e spazi pensati per il loro benessere psico-fisico.

Personalmente trovo molto affascinante la scuola che hai in mente. Ti hanno mai detto che non si può trattare altro che di un sogno o di un’irrealizzabile utopia?

 Assolutamente sì! Sembrava un sogno 5 anni fa anche a  noi, invece un passo  alla volta ci siamo informate e formate. Poi abbiamo cambiato lo sguardo, il fare e lo stare con i bambini e un po’ alla volta siamo usciti prima in cortile e poi fuori dal cancello con un idea, un pensiero molto diverso dalla semplice ricreazione, con l’intento di comprendere la complessità che lo stare fuori ci regala. Prima uscivamo una volta la settimana poi due e oggi tutti i giorni: è un cambiamento che richiede tempo. Noi educatrici siamo cambiate e cresciute con i bambini e con noi le famiglie che ci hanno dato fiducia. Siamo una scuola in cammino, mai ferma e in continuo cambiamento

(Tutte le foto di questo post sono state gentilmente concesse da Rosabosco Nido e Scuola.Dell’Infanzia Domenico Mazzucconi – Lecco a cui appartengono)

Rispondi