La gita di quinta (in tempo di Covid19)
Oggi sarebbe dovuto essere il giorno della gita di quinta. Oggi è stato il giorno della gita di quinta. C’eravamo tutti alla partenza, io, il selvaggio e la sorellona. Voci squillanti rispondevano all’appello: qualcuno era in cucina, qualcuno in giardino, qualcun’altro nello studio o a gambe incrociate sul letto. Tutti davanti al pc, in un confuso accendi-spegni-accendi di microfoni. E puntuale, come in ogni gita, è arrivata la cazziata: non per il via vai o le cinture slacciate sul bus, neppure per il brusio molesto durante le spiegazioni della guida. La sgridata è arrivata per la troppa confusione in chat.
E al posto del pulmann c’è stato Google Earht a portare la scolaresca a destinazione. Telecamere e marchingegni di ogni tipo hanno mostrato “l’ermo colle” e la siepe “che dell’ultimo orizzonte il guardo esclude”. Software, hardware e cuore di maestre hanno accompagnato a spasso per il villaggio in cui un sabato di secoli fa la donzelletta recava con sè “un mazzolin di rose e di viole”.
Ho fatto avanti e indietro, e un po’ mi sento in colpa (non si è mai vista una gita con le mamme che ronzano intorno!), per catturare qualche attimo di questa strana gita di quinta. Per un momento, ma un momento soltanto, ho oscillato fino a pensare che fosse una tortura: uno sbattere sotto il naso ciò che non è stato. Ma sbagliavo perchè qualcosa è stato: è stata la gita di quinta, quella di fine ciclo, attesa fin dalla terza, giocata al “toto gita” del “dove andremo?” “dormiremo fuori?“. Una gita di quinta senza il rito della composizione delle stanze ma con quel “amarcord” di ogni gita che si rispetti.
È durata due ore o poco più la gita di quinta, tra viaggio, visita guidata, pausa ginnastica, quiz e merenda a piedi nudi in una spiaggia del Conero. Due ore sembran poche ma sono abbastanza per riguardare le foto e ritornare in prima e vedersi bassotti e sdentati. Roba che se fosse stata mostrata alla festa della scuola non avrebbe risparmiato lacrime genitoriali e qualche viso rosso tra i pre-preadolescenti.
E alla fine tutti con le mani nel freezer a scovare il gelato per la merenda insieme. Doveva essere un segreto. E dunque lo sapevano tutti. Perchè in questo tempo di pandemia, dad e videoconferenze di ogni sorta e misura, non si può lasciare un telefono incustodito a custodire un segreto. Domani andranno alle medie e son già abbastanza svegli per “far finta di non sapere”. Salvando la sopresa a chi l’ha preparata.
Chissà se la racconteranno questa gita di quinta, virtuale ma reale (o viceversa). Chissà se un giorno passeggiando per la piazza di Recanati si ricorderanno della playlist rappeggiante che hanno ascolato davanti a un pc, adibito per l’occasione ad autobus. Quello della gita di quinta.
Se c’è una cosa che mi dà speranza in questo periodo è vedere la creatività con cui ci si arrangia. Penso che rimarrà una gita da ricordare, sperando sia l’unica con queste modalità!
E’ stato un anno da punto di vista didattico, non solo inaspettato, ma del tutto improvvisato. Alcuni aspetti sono sicuramente positivi, ma è importantissimo riprendere la normalità. Così si cresce e si diventa grandi in modo più naturale.
Ciao.
p.s . La tentazione da pila di passare in mutande dietro la lezione online dei miei figli,ce l’ho spesso. Ma mi trattengo.
Spero davvero che si possa tornare presto in classe. In ogni caso,questa esperienza ci ha regalato alcune “chicche” da ricordare, nel bene e nel male.