I primini, la pace, la guerra
Nella scuola in cui insegna Stella è stato deciso di parlare di pace. In alcune classi, quelle più alte e quelle dove sono presenti bambini e bambine dei paesi coinvolti nel conflitto che sta travolgendo l’Ucraina, si parlerà di quanto sta accadendo in questi giorni. Nelle altre si è preferito avviare una riflessione sul valore della pace.
Stella, giovedì e venerdì, ha portato in classe Arcobaleno fa la pace, un delizioso albo illustrato di Marcus Pfister. L’albo narra di un litigio tra il gruppo di amici del pesce Arcobaleno e una gigantesca balena. Nata da un malinteso e da un pettegolezzo, la lite si risolve con un messaggio di pace. La pace però arriva dopo aver conosciuto le catastrofiche conseguenze di una battaglia che, col senno di poi, si sarebbe potuta facilmente evitare.
La lettura è stata un’occasione per riflettere sulla parola pace, sul significato che questa parola riveste nelle esperienze dei bambini. Nel libro la parola guerra non compare mai e neppure è comparsa nei discorsi successivi alla lettura. Stella si è ben guardata dall’usarla e i bambini non sembravano aver collegato il termine pace a quello che in questi giorni è tristemente sulla bocca di tutti.
“Guerra” ha fatto capolino all’improvviso, mentre i seienni erano intenti a disegnare. Qualcuno tracciava cuori e arcobaleni, qualcun altro bambini intenti a giocare, altri ancora il prima e il dopo di una lite in cortile.
In quel momento due voci sovrastano le chiacchiere tra vicini. “Russia”. “No Ucraina”. “Cosa succede?” chiede Stella. “Lui dice che la guerra è in Russia, invece è in Ucraina” risponde lesto A. “No! ho detto che ci sono la Russia e l’Ucraina” ribatte l’altro A. “C’è una guerra in corso tra Russia e Ucraina” prova a spiegare Stella.
Nessun altro interviene. Tutti tornano ai loro disegni. Il discorso sembra caduto nel vuoto.
“Guarda maestra! Ti piace il mio disegno” chiede qualcuno. E mentre Stella osserva il foglio una voce domanda: “Perché avete detto guerra?”. Appartiene a A, detto S, portatore di un’intelligenza vispa al pari dell’incontenibile energia dei suoi 6 anni.
“Stavamo dicendo che c’è una guerra tra Russia e Ucraina” risponde Stella. “Quando?” chiede ancora S. “Adesso” risponde di nuovo Stella. “Adesso? Ma non succedono più le guerre! Succedevano prima” afferma S, raggiungendo la cattedra per recuperare un pennarello. “Magari, non sai quante ce ne sono sparse per il pianeta” pensa Stella. Ma risponde “Adesso”.
S torna al suo disegno. Stella prova a compilare il registro. Ha appena il tempo di digitare la password che S si avvicina di nuovo. Fa sempre così quando deve chiedere qualcosa di importante. “Dove? Dov’è la guerra?”. “In Ucraina” risponde Stella, sapendo che per un bambino di prima, nato e cresciuto in Italia, probabilmente quella sarà una non risposta.
S però non si scoraggia. “É lontano? quel posto dove hai detto che c’è la guerra è vicino o lontano?”. “Lontano ma non troppo” risponde Stella, quasi senza pensare. “Ma non arriva qui?” domanda ancora S. “Spero di no” si lascia sfuggire Stella. “Quindi può arrivare” insiste S, con un piglio a mezza via tra quello di un avvocato di una serie tv e quello di un giornalista navigato. “No, no” ribatte Stella, immaginando che S si riferisca a cose simili a quelle viste nei videogame dei fratelli più grandi.
Prima di entrare in classe, nella sua ora buca, era stata a prendere un cappuccino al bar. E ne aveva approfittato per leggere i quotidiani online. In cima a tutte le home page, la notizia di apertura erano i combattimenti a poca distanza dalla centrale nucleare di Zaporizhzhia. E per Stella, che nell’86 era poco più grande dei suoi piccoli alunni, la parola “nucleare” richiama subito il disastro di Chernobyl.
Guerra, atomica, nucleare, bombe, profughi…sono troppe le parole che nella mente di un adulto rimandano alle immani sciagure del passato. E del presente. In un mondo in cui tutto è al contempo lontano e vicino.
Mentre nella testa della maestra i pensieri si affollano, la curiosità di S sembra finalmente saziata. Per Stella è il momento di lasciare l’aula. Riguarda la trascrizione della discussione sulla pace. Per quei bambini il lemma pace è associato soltanto alla soluzione dei loro litigi. Il “furto” di una gomma, una controversia sul gioco a cui giocare, un battibecco sulle regole di una nuova versione di strega ghiaccio : tutto si conclude facendo “la pace” e tornando a giocare insieme. Probabilmente impareranno che se i grandi parlano di pace spesso c’è di mezzo la guerra.
“Mi hanno chiesto se la guerra può arrivare qui” dice a una collega in corridoio. “A me se qui in città ci sono rifugi antiatomici” risponde lei. E tra i dubbi e le preoccupazioni si insinua una speranza, quella che a parlare di pace si possa contribuire a creare un mondo in cui, come ha detto S, “le guerre sono una cosa che adesso non ci sono più, perché succedevano prima”.
Anche i miei alunni sono preoccupati che la guerra arrivi qui. Qualcuno ha i parenti in Polonia e dice che sentono le bombe, altri hanno parenti militari. Pensieri troppo grandi per bambini così piccoli.
PS. Maestra Stella sei tu?
Stella ha trovato, per caso, il modo di lasciarsi alle spalle una sconfitta. Io non ancora. 😉🤫
Brava Stella e brava tu! Buon lavoro