Favignana…cicloturisti per caso
Nonostante le Egadi fossero da tempo nella nostra lunga lista dei luoghi da visitare, siamo approdati a Favignana con un’organizzazione minimal: la certezza di una piazzola in campeggio (che nei due giorni precedenti il Ferragosto non è poi così minimal). La vacanzina sognata, quella con le escursioni in barca a Marettimo e Levanzo, è sfumata ma quella reale è stata strepitosa: l’isola a forma di farfalla ci ha regalato la nostra prima esperienza di cicloturismo (ok, d’accordo, per gli esperti questo è un parolone, ma siate magnanimi).
Cala Burrone e la scoperta del paese
Siamo arrivati a Favignana in un caldo pomeriggio agostano. Incuranti delle proteste figliesche abbiamo raggiunto a piedi l’unico campeggio dell’isola, avendo così un primo assaggio dei suoi paesaggi…e delle bontà promesse dalla cucina locale. Montata la tenda ci siamo catapultati nella spiaggia più facilmente raggiungibile a piedi: Lido Burrone con i suoi fondali bassi, consigliati alle famiglie con bambini.
Il tempo di una doccia e, muniti di torcia per i tratti di strada più bui, siamo partiti alla scoperta del paese e alla ricerca di una rosticceria in cui rimpinzarci di arancini, come vuole la tradizione delle nostre incursioni in Sicilia. Il resto della serata lo abbiamo trascorso a passeggiare tra le stradine del centro del paese a pochi passi dal porto, molto frequentate dai turisti ma non affollate.
Scalo Cavallo, Cala Rossa e Cala Azzurra
La mattina seguente abbiamo affittato due biciclette ( 10 euro al giorno compresi caschi, luci e seggiolino per il piccolo di casa) e un tandem (20 euro) in uno dei tantissimi noleggi e siamo partiti per la nostra due giorni a pedali su e giù per le meraviglie dell’isola. La prima tappa è stata Scalo Cavallo che, forse a causa del cielo coperto, abbiamo avuto la fortuna di trovare quasi vuota. Qui ci siamo accorti che le scarpette da scoglio, ovviamente dimenticate, ci sarebbero state molto utili, ma il paesaggio incantevole ci ha spinti, ugualmente, a abbandonare il terrazzamento per concederci il primo bagno della giornata. E qui muniti di maschere e boccaglio abbiamo ammirato interi banchi di pesci che nuotavano tra gli scogli indisturbati e incuranti della nostra presenza. Il tempo di rimetterci maglietta e pantaloncini e attraverso la strada costiera abbiamo raggiunto Punta San Nicola senza smettere di guardare il mare. Da qui, contrariamente ad ogni percorso suggerito, abbiamo fatto rotta su Cala Rossa percorrendo a ritroso la strada costiera per poi imboccare il sentiero sterrato.
Non appena scesi dalla bicicletta abbiamo capito che Cala Rossa, affacciata su Levanzo e incastonata tra le calcareniti, ci avrebbe conquistato. La spiaggia, che pare debba il suo nome alla battaglia delle Egadi all’epoca delle Guerre Puniche, si raggiunge a piedi attraverso piccoli sentieri che sarebbe meglio solcare con calzature un po’ meno basic delle infradito da spiaggia. Il panorama è strepitoso e l’acqua lo è altrettanto: non c’è che l’imbarazzo di scegliere lo scoglio da cui tuffarsi e godersi un bagno nelle sue acque azzurre.
Lasciata Cala Rossa siamo tornati in paese a rifocillarci con le gustose pizze sfornate dai due forni che si affacciano sulla strada principale. Allungando un po’ il tragitto, abbiamo raggiunto il paese da piccole strade sterrate interne che corrono, segnate dai muretti a secco, accanto a cave di tufo. Il tempo di una granita per i bambini e di un caffè per noi e siamo ripartiti alla scoperta dell’isola.
Stando ai piani del maritozzo avremmo dovuto spingerci nell’ala ovest dell’isola ma una strada ufficialmente chiusa al traffico e la mia riluttanza a percorrere la galleria ci hanno dirottato verso Punta Longa. Si tratta di una lingua di terra quasi deserta in cui lo sguardo può passare rapidamente dai colori caldi della terra alle tonalità di azzurro del mare. L’ingresso in acqua non è dei più agevoli e ci siamo concessi un piccolo bagno ristoratore in una minuscola caletta.
La tappa successiva ci è stata dettata dai bambini, incantati nel vedere alcuni ragazzini tuffarsi da un piccolo ponte naturale. E così ci siamo fermati per un tuffo e una nuotata. Il posto era così bello e suggestivo che ci siamo scordati di annotarne il nome. Dalle foto trovate in rete potrebbe essersi trattato di Grotta Perciata , vista la presenza di rocce bucate in cui l’acqua del mare si insinua formando diverse piscine naturali. Da qui, siamo partiti alla volta di Cala Azzurra, ultima tappa della nostra prima giornata di mare.
Cala Azzurra è una delle spiagge più conosciute dell’isola anche perché è considerata una delle più adatte ai bambini. Dall’alto il panorama è incantevole e anche le due mezzelune di sabbia non sono da meno, ma l’ora di punta e il conseguente affollamento non ci hanno permesso di godere al meglio di tanta bellezza.
A questo punto siamo tornati in campeggio, ma solo per il tempo di una doccia. Un’altra pedalata verso il paese ci ha permesso di scoprire altre due meraviglie dell’isola: un abbondante coppo di fritto di paranza e un delizioso panino con il tonno fresco.
Cala Rossa e Bue Marino
La nostra seconda e ultima giornata in bicicletta a Favignana è iniziata con una puntata in paese dove abbiamo festeggiato il compleanno del maritozzo con una pantagruelica colazione a base di cannoli e granita al caffè. Inforcate le biciclette siamo tornati a Cala Rossa anche se questo ci ha impedito di scoprire nuove meraviglie. Stavolta abbiamo preferito avventurarci tra gli scogli e trascorrere qualche ora tra le rocce e l’acqua cristallina. La scelta è stata graditissima dalle bambine che hanno sperimentato più “vie” d’accesso all’acqua e alternato tuffi e snorkeling. Un po’ meno felice è stato, invece, il selvaggio che, per gusto ed età, preferisce la sabbia. Il piccoletto nel tentativo di raggiungere il mare ha rimediato una serie di graffi e preteso come consolazione una granita al limone.
Immortalato lo splendore di Cala Rossa in una gran quantità di foto, abbiamo proseguito il nostro tour con destinazione Bue Marino, il luogo per noi più affascinante tra quelli visitati. Qui le cave di tufo e il mare con le sue chiazze azzurre e blu offrono uno spettacolo indimenticabile. L’accesso al mare non è dei più semplici ma la possibilità di ammirare i fondali ricchi di pesci e poseidonia, sentendosi un po’ come Nemo il primo giorno di scuola, ripaga la fatica. Non è, però, un luogo indicato per i bambini più piccoli anche perchè i terrazzamenti a picco sul mare richiedono un surplus di attenzione.
A questo punto abbiamo ripercorso a ritroso la strada verso il campeggio, godendoci l’atmosfera delle strade sterrate, la vista delle cave di tufo e della vegetazione; il tutto dominato dal forte di Santa Caterina. Diversamente dalla sera precedente ci siamo lasciati andare ai ritmi lenti del campeggio e abbiamo lasciato che i bambini improvvisassero una partita a basket con i tanti coetanei, secondo l’antica regola per cui un pallone può essere usato contemporaneamente da 5, 8, 10 bambini. Al calar della sera, restituite le biciclette, siamo tornati in paese, stavolta per un aperitivo “modaiolo” a base di affumicati di mare, formaggi siciliani e vino bianco servito ben freddo.
La Tonnara: l’ex stabilimento Florio
L’ultima mezza giornata sull’isola l’abbiamo dedicata, come suggerito da tanti amici, alla visita della Tonnara, termine impropriamente utilizzato per indicare l’ex stabilimento Florio. Da qui partivano le barche per la pesca del tonno, compiuta fino ad anni recenti secondo un’antica quanto sofisticata tecnica. Lo stabilimento per la lavorazione del tonno, creato e ampliato dai Florio e solo in seguito ceduto ai Parodi, è un gioiello di archeologia industriale. La sua storia si intreccia a quella dell’economia dell’isola e ancora di più a quella dei tanti isolani. Una visita attenta permette di cogliere qualche deliziosa chicca di “storia del marketing” e dei tentativi di coniugare il profitto a quelle che oggi definiremo forme di welfare aziendale. Sì, lo ammetto, sono rimasta colpita dalla trovata dell’imprenditore di creare, nei primi decenni del’900, un nido aziendale e concedere un ora di allattamento pagata alle lavoratrici.
I locali del museo ospitano anche un centro di primo soccorso per tartarughe marine ma solo la gnoma numero uno è riuscita a visitarlo mentre noi ci attardavamo all’interno dello stabilimento.
La nostra tre giorni si è conclusa con un caffè al pistacchio in un baretto del porto. Mentre l’aliscafo ci riportava a Trapani ci siamo ripromessi di tornare a Favignana per scoprire l’altra ala dell’isola e spingerci fino a Marettimo e Levanzo, le altre due isole di questo strabiliante arcipelago.