Fuori. Quando l’abbandono scolastico ci sfiora.
La scuola è iniziata da poco più di una settimana. Qualche insegnante è cambiato, qualche compagno si è aggiunto. Qualcun altro s’è perso. Forse sta frequentando un altra scuola media. O forse no.
In questi giorni di settembre mi è tornato più volte in mente un ragazziono di prima media che non ho mai visto. Ne ho solo sentito parlare. Poco, in realtà, se non altro perchè a scuola non s’è visto quasi mai.
Stando a dati recenti, in Italia sono circa 130.000 ogni anno i minori che abbandonano precocemente la scuola. Altri dati ci dicono che il nostro è il quarto paese in Europa per abbandono scolastico e altri ancora mostrano come il fenomeno sia nuovamente in crescita nelle città.
Impossibile davanti all’abbandono scolastico non pensare alla celebre metafora di don Lorenzo Milani della scuola “ospedale che cura i sani e respinge i malati”.
Fino allo scorso anno, per trovare nella mia esperienza casi di abbandono scolastico dovevo tornare al liceo, a compagne perse di vista nel biennio. Certo, in questi anni ho letto dibattiti e statistiche ma mai fino ad ora mi era capitato che l’abbandono entrasse nella scuola delle mie figlie. E a ripensare alla storia, di cui ho avuto modo, seppur brevemente, di dialogare con un insegnante, la metafora di Lettera ad una Professoressa forse non è quella più azzeccata.
Ho visto, e soprattutto mia figlia ha potuto vedere, insegnati consapevoli del problema e pronti a fare la loro parte perchè quel ragazzino, già rimasto indietro in prima media, non uscisse anzitempo dal sistema scolastico. Eppure, probabilmente non ci sono riusciti.
Non conosco i dettagli della storia. Quel che mi ha colpita come osservatrice è stata l’assenza di quel ragazzino, il fatto che lui a scuola non andasse proprio. Probabilmente la sua famiglia stava vivendo un momento di grande fragilità e nulla sembrano essere valsi gli interventi messi in atto a diversi livelli.
Di quel ragazzino, di cui conoscevo a malapena il nome, ho perso le tracce. Chissà se i compagni tra qualche mese se ne ricorderanno ancora. La speranza è che, in qualche modo, la scuola possa ancora intercettarlo.
Probabilmente, tra i ragazzini che abbandonano precocemente le aule ci sono ancora tanti, troppi, Gianni. Ragazzini “espulsi” dal sistema, dopo una o più bocciature. Mi chiedo, però, quanti siano i giovanissimi davanti a cui anche una scuola “che cura i malati” rimanga impotente. Ragazzini che spariscono anche se magari a scuola “andavano bene”, si “impegnavano”.
Immagino si tratti di storie complicate, difficili, che coinvolgono più attori, compresi i servizi. Storie a volte legate a repentini cambiamenti nelle dinamiche familiari.
Se ho provato ha ragionare intorno a questa storia incompleta è solo perchè mi ha lasciato dentro un senso di amarezza. E immagino che molta ne abbia lasciato anche in chi, dentro la scuola, ha provato a prodigarsi affinchè quel ragazzino non ne rimanesse fuori. Ogni ragazzino che lascia la scuola, indipendentemente dai motivi e dalle responsabilità, è un ragazzino che rischia più degli altri di trovarsi in condizioni di marginalità. E credo che per chi si sforza di non lasciare indietro nessuno, ogni abbandono, anche quello che si è cercato di evitare, lasci almeno un briciolo d’amaro.