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Bambini nel recinto

Bambini nel recinto

Ho iniziato ad avere esserini gattonanti in casa nell’estate del 2008, quando la preadolescente era una bimbetta coccolosa (a un certo punto pare si traformino, ma è un’altra storia) e iniziava a esplorare il mondo intorno a sè. Come tanti in quegli anni, io e il maritozzo fummo instradati all’antiboxismo. I box, ancora esposti nei negozi di puericultura, erano il “male assoluto”, qualcosa da cui tenere lontano i nostri bambini.

Generazioni di bambini erano stati reclusi dietro quelle reti e si erano procurati bernoccoli stratosferici nei loro tentativi di evasione.

I nostri figli no! Avrebbero dovuto essere liberi di esplorare il mondo circostante, appendersi alle librerie, fissate al muro, per scegliere quali libri ciucciare o farsi leggere. Divani, tappetti, sedie…tutto sarebbe dovuto essere il meno pericoloso possibile e conoscibile con mani, piedi e bocche bavose.

Se proprio il box, oggetto nemico della pedagogia e di tutte le psicoqualcosa, era già presente in casa, il suo uso doveva essere limitato alle emergenze: la piccola poteva essere confinata solo e soltanto per impedirle di trangugiare il detersivo fuoriscito dalla lavatrice, evento più unico che raro pure a casa nostra.

bambini (finti) nel recinto
bambini (finti) nel recinto

Tale rifiuto categorico del box, avvallato all’epoca anche da molte riviste per neogenitori, mi è tornato in mente nel vedere il servizio della tg Rai Lombardia sulla prossima riapertura di un servizio educativo a Peschiera Borromeo. In estrema sintesi: i bambini, tra i 18 mesi e i 6 anni, saranno accolti in tutta sicurezza, con misurazione della temperatura e igienizzazioni varie, e trascorreranno il loro tempo in confortevoli recinti. Ognuno, naturalmente, avrà il suo e li potrà giocare, mangiare, riposare. I recinti, ovviamente, serviranno a ridurre al minimo i contatti tra i bambini e evitare il contagio. Le educatrici, una ogni quattro bimbi, vigileranno (così par di capire dalle immagini e dal servizio) da un’area esterna al recinto.

Il recinto…

Sui social, faccine tristi e arrabbiate si moltiplicano. Qualcuno canta il Requiem alla pedagogia, qualcuno parla di panopticon in miniatura, altri si limitano a paragoni più benevoli con zoo e fattorie. Tutti concordano sul fatto che nidi e centri estivi siano indispensabili per permettere alle famiglie, e alle mamme soprattutto, di conciliare lavoro e cura dei figli. Eppure in pochi sembrano entusiasti di questa e altre soluzioni che sembrano avere “nulla di educativo”.

Si continua a parlare di “stare all’aperto”, si invoca l’outdoor education. Ma si auspicano soluzioni in cui non sia contemplato il distanziamento fisico tra i bambini, nè il confinamento in recinti, per quanto dotati di fiori, paletta e secchiello.

Qualche giorno fa, la mia amica Laura, paladina dei nidi e dello 0-6, ha ospitato sul suo blog la lettera di un’educatrice che ha invitato a non abbinare la parola “educativo” a molte delle ipotesi al vaglio per l’immediato futuro. Una voce critica, non l’unica. Con motivazioni più serie e peadogicamente fondate della mia avversione da primi anni duemila per il box.

4 pensieri su “Bambini nel recinto

    1. Grazie (ho riso anche io mentre lo scrivevo…anche perché a casa dei miei c’è esposta nel corridoio una mia foto…dentro al box)

  1. Ho scoperto di recente con il mio nipotino che il box non si usa più! Che io sappia, nessuno ha mai avuto problemi anzi il box risolveva i problemi alle mamme che tra cucina e servizi riusciva ad essere più tranquilla.

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