Stella e la Dad
Stella ha iniziato la Dad. Quando si collega con i suoi alunni, casa sua si trasforma nel miscuglio imperfetto tra una redazione mentre il tg è in onda e un call center. Eh, si perché con quattro collegamenti in contemporanea, se non abiti in un castello, non ci sono porte e cuffie che tengano. E in dad c’è sempre, o quasi, qualcuno che parla.
A casa di Stella, come in molte altre case della zona rossa, si arriva a quattro collegamenti in contemporanea: quello dei tre figli, seconda elementare, prima media e seconda media, più il suo. E capita che i problemi di matematica si intersechino con il dettato di parole. E capita, me lo ha detto lei, che si sbracci in video per far uscire dalla stanza il figlio di turno rumorosamente in cerca di un temperamatite, di una gomma o del libro di storia. O, nel caso del più piccolo, in cerca di aiuto per essere uscito dal meet.
Al di là dello schermo, Stella l’ha capito al secondo giorno, la situazione spesso è la stessa o molto simile. Qualcuno segue le lezioni in cucina, mentre la mamma o il papà, sbrigano le faccende di casa, magari facendo i salti mortali per far combaciare la lezione del figlio con una pausa dal lavoro.
Qualcuno sta in camera da solo e chiama aiuto ogni volta che il collegamento fa qualche scherzo. Qualcun altro prova a cavarsela da solo e qualcuno è in lotta perenne con una connessione che non ne vuol sapere di tenere. C’è chi può contare su un nonno o una nonna che sanno poco di informatica, non hanno ancora capito l’acronimo dad (già superato da ddi) ma ricordano per filo e per segno tutto quello che hanno studiato alle elementari.
Ci sono genitori pronti a ripetere ogni parola della maestra e quelli che ripetono senza tregua “se non hai capito, chiedi “, incuranti del microfono acceso che fa arrossire il pargolo.
“Posso andare a bere?” “Posso temperare?” “Ho finito il foglio” “Posso andare in bagno?” Le domande si succedono a un ritmo sfrenato e sono forse la cosa più normale nell’anormalità della situazione. “Non ho capito” mormora una vocina timida. “Non ho finito, mi fai vedere il tuo schermo?” chiede qualcuno con tono più deciso. “Ho finito!” esulta un’altra voce.
“Non parlate tutti insieme, alzate la mano” suggerisce-implora Stella. “La nostra o quella del computer?” chiede sempre qualcuno. Già, in Dad si dovrebbe alzare la manina cliccando sullo schermo ma a sei anni la domanda non solo è legittima ma doverosa.
Stella li guarda tutti insieme o uno per uno e non può che complimentarsi con loro. Hanno sei, massimo sette anni appena compiuti e da un giorno all’altro si sono ritrovati davanti allo schermo di un computer. “Quando torniamo a scuola?” chiedono a turno. “Stare a casa è brutto ma almeno non abbiamo la mascherina” prova a vedere il bicchiere mezzo pieno uno di quelli a cui nessuna mascherina sembrava voler coprire contemporaneamente naso e bocca.
“Cosa facciamo oggi?” domandano ad ogni inizio di collegamento, dopo i “ciao” sparsi nella confusione dei primi cinque minuti, quelli in cui si possono tenere tutti i microfoni aperti, quelli in cui è indispensabile rivolgere a tutti un saluto personale e fare conoscenza con pupazzi, fratellini, sorelline, gatti e cani.
Poi il lavoro parte. Stella surfa tra la presentazione e i piccoli visi dietro lo schermo. Ogni tanto si sofferma a guardarli, intenti a scrivere o disegnare. ” Siete concentrati o siete fuggiti?” domanda, quando un silenzio surreale la raggiunge mentre fissa lo schermo con la lavagna digitale. Non ha capito come condividere lo schermo e vedere i bambini contemporaneamente. A dirla tutta ha scaricato il programma che permette di farlo ma il computer è andato in tilt e non ha ancora riprovato. Intanto ha imparato a riconoscere le voci anche se continua a confonderne qualcuna.
A interrompere il silenzio è una voce che chiede “ho fatto bene, maestra?”. Lei allora torna sulla pagina del collegamento e guarda attentamente un quaderno diligentemente tenuto sopra il viso ad altezza di telecamera. A quel punto scatta il coro di “e io?”, ” va bene il mio”. La risposta solitamente è affermativa. Ogni tanto deve fronteggiare qualche complicazione. “Se non togli lo sfondo non vedo il quaderno”ripete a chi in un’ora spazia dai confini della galassia a una spiaggia tropicale. “Metti il quaderno un po’ più a destra, no a sinistra” chiede a qualcun altro, sperando che nessun genitore si accorga che lei non distingue destra e sinistra se non guardandosi la fede e che ancora si incasina con la specularità dello schermo.
Lentamente si arriva al rito finale: l’accensione di tutti i microfoni e un ciaooo ad alta voce e mani svolazzanti. Stella conclude così ogni attività sincrona. Intorno a lei qualche lezione prosegue. Ha troppa poca esperienza per dire se la dad sia scuola oppure no. Però è sicura che tutti ce la stiano mettendo tutta per far sì che lo sia. Almeno un po’.
Sperando sia per poco.
“Fate miracoli” le ha detto qualche giorno fa una nonna. “I miracoli li stanno facendo i bambini” avrebbe voluto rispondere, ma non ha avuto la risposta pronta.