Care persone che fate la guerra….
“Care persone che fate la guerra, cosa volete ottenere?”. Inizia così la lettera che il selvaggio e i suoi compagni di classe hanno scritto insieme alle maestre, Stefania e Francesca, la scorsa settimana e che sabato è stata pubblicata dall’edizione locale di Repubblica.
“Care persone che fate la guerra…, abbiamo iniziato così” mi ha detto il selvaggio entusiasta di questa iniziativa, poi sottoscritta dalle altre classi della scuola. Il testo prosegue con domande semplici, all’apparenza banali, ma che svelano lo sguardo di una terza primaria su una catastrofe, la guerra in Ucraina, che sta sconvolgendo l’Europa. La lettera offre un punto di vista bambino, è scritta con occhi bambini che per la prima volta, probabilmente, scorgono immagini drammatiche, anacronistiche, tragiche.
Non offre soluzioni, ma invita i “grandi” a riflettere. I suggerimenti sono semplici, possono suonare retorici agli occhi di noi adulti, impegnati a provare a capire cause, conseguenze e possibili soluzioni di un conflitto che quasi nessuno si aspettava. Eppure sono suggerimenti saggi.
“Ma ci siete andati a scuola?” scrivono ad un certo punto i bambini e le bambine della 3C. E sembra di sentire le voci, nel formulare quella domanda a cui segue, un monito, forse il più disatteso della storia: quello a ricordare il passato per non commettere gli stessi errori. Agli occhi dei bambini e delle bambine, se hai studiato che la guerra uccide, distrugge, devasta, e la rifai non hai capito niente.
Vorrei ringraziare le maestre per questa lettera. Per essersi prese la briga di impegnare i bambini e le bambine in una scrittura collettiva e per averne permesso la pubblicazione.
Grazie maestre!
Mettere sul giornale una lettera scritta in classe può sembrare retorico, strappalacrime, strumentale. Eppure, a mio parere, è un modo per portare la scuola fuori dalla scuola, per permettere ai bambini e alle bambine di esprimere il loro punto di vista. Insomma, un modo per esercitare un diritto, riconosciuto anche dalla dichiarazione dei diritti dell’infanzia. E questo in una società, la nostra, che non risparmia proclami sull’infanzia ma forse, fatica ad ascoltare la voce dei più piccoli.
Il secondo grazie alle insegnanti, forse ancora più forte e sentito del precedente, è per aver coinvolto i bambini e le bambine in un esercizio di scrittura collettiva. La scrittura collettiva, e lo sapeva don Lorenzo Milani che a Barbiana lo ha utilizzato per la famosa “Lettera a una professoressa, obbliga al confronto, alla mediazione. Scrivere insieme allena all’ascolto dell’altro, al lavoro di squadra, al venirsi incontro. Scrivere insieme è un esempio di quel “parlare, collaborare” a cui i bambini invitano i “grandi” nella loro missiva.
Scrivere insieme è un modo per imparare a non fare la guerra.
Grazie maestre!
È importante che i bambini esprimano i loro pensieri, che per noi adulti sono retorici, ma non per loro. E a pensarci bene non dovrebbero essere retorici neanche per noi.